Oltre Totti c’è chi non ce l’ha fatta

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ILTEMPO.IT (E. MENGHI) Roma-Milan 2-0, 27 giugno 1993. A Città di Castello, gli Allievi Nazionali giallorossi vincevano lo scudetto. La coppia d’attacco schierata da Ezio Sella era formata da Francesco Totti e Daniele Rossi (suo il primo gol ai rossoneri). Un duetto micidiale all’epoca. Ma se tutti conoscono la storia del capitano romanista, in pochi sanno che fine ha fatto il talento che gli faceva da spalla. «Era molto tecnico», racconta Sella. «Poteva esplodere da un momento all’altro», conferma Vito Scala. Un imprevisto gliel’ha impedito. Il regista Paolo Geremei, vincitore del Biografilm Festival Italia, ha raccolto le testimonianze di Daniele Rossi, Marco Caterini e Andrea Giuli Capponi, accomunati da un passato nelle giovanili della Roma. «Il presente – spiega uno dei giudici che ha votato per “Zero a zero” – sorride ai protagonisti, ignari che solo il 2% arriva in serie A».

Loro non ce l’hanno fatta. E per motivi completamente diversi. Caterini era considerato più forte di Buffon: era titolare dell’Italia U16 che arrivò seconda agli Europei disputati in Turchia nel 1993. Ma prima delle fasi finali prese una botta al ginocchio: «Ai quarti, contro la Spagna, Gigi fece il mostro: parò due rigori e ne segnò uno». Perse il posto in nazionale. Il suo procuratore, Zavaglia (lo stesso di Totti), si presentò con un’offerta del Guidonia: «Mi avrebbero dato 300 mila lire al mese». Caterini non poteva credere che l’unico club interessato a lui militasse in Eccellenza e cominciò a sospettare che l’agente ci guadagnasse molto più di lui. Prese un appuntamento con Bruno Conti, ma tamponò e non ebbe il coraggio di richiamarlo. Era svincolato e, soprattutto, solo. Ora Caterini fa il geometra.

Capponi è rimasto nell’ambiente: è il preparatore dei portieri delle giovanili della Lazio. Il cuore, però, è rimasto fedele alla maglia giallorossa. Quella che ha avuto l’onore di sfoggiare al Bernabeu, pur subendo 4 gol dal Real Madrid che aveva invitato la Roma all’addio al calcio di Butragueno. Mazzone l’aveva portato in ritiro con la prima squadra, il padre gli aveva raccomandato di comportarsi bene: «Gli ho fatto il lavaggio del cervello, ma non è stato abbastanza». Due ritardi e una chiacchierata con una ragazza fuori dall’hotel hanno riportato Capponi in Primavera. «Ho visto menefreghismo», la motivazione di Mazzone. Per Scala fu punito in maniera eccessiva: «Si meritava una seconda chance». Ormai aveva il marchio dello «scartato» dalla Roma.

Daniele Rossi aveva la testa a posto, ma la sfortuna gli si mise di traverso. Gli si girò il ginocchio e il crociato si sfilacciò. «Operazione riuscita», recitava il bollettino medico. Ma non era vero: c’era una vite messa male. «Mi volevo buttare dalla finestra, ma abitavo al primo piano». Battuta a parte, la depressione lo costrinse al ricovero in clinica. Ora insegna calcio ai bambini, oltre a fare il cameriere. Lui che faceva bella figura pur giocando accanto a Totti: «È il più forte di tutti i tempi. Ci andavo anche a scuola insieme. Non era una cima». Nessun rimpianto alla fine. Malgrado tutto, Daniele, Marco e Andrea lo rifarebbero.

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