NOTIZIE AS ROMA (IL TEMPO, E. MENGHI) – In silenzio, quasi in lutto, la Sud 133 giorni fa piangeva all’Olimpico il disastro nel derby di fine stagione, ieri a San Siro cinquemila romanisti hanno cantato a squarciagola trascinando la squadra verso la settima vittoria consecutiva. Uno spettacolo che non è finito lì. Chi a Milano non ci è andato si è riversato a Fiumicino a notte fonda, per accogliere i giallorossi promossi all’esame Inter. Quasi mille tifosi hanno aspettato fino alle due e mezza il pullman che lasciava l’aeroporto e la maggior parte era arrivata subito dopo la partita, intorno a mezzanotte. Una mobilitazione simile non si vedeva dalla finale persa con la Lazio, quando circa duecento persone erano corse a Trigoria per contestare la squadra a suon di sassi, bottiglie, uova, fischi e insulti.
Così aveva deciso di farsi sentire la Curva quel giorno. I tifosi avevano preso di mira in particolare l’ex dg Baldini e il ds Sabatini,concentrandosi poi sui calciatori definiti «mercenari». A fatica i pochi presenti sul pullman (i «big» non c’erano) erano riusciti a varcare i cancelli del centro sportivo, ma lì erano rimasti. Impossibile lasciare il Bernardini senza essere «assaliti» dalla rabbia dei contestatori. De Rossi già stava pensando all’addio, perché «forse era il momento giusto per ascoltare delle offerte», e certo non lo aiutavano le frecciatine dei tifosi, che gli imputavano di aver sbagliato l’ennesima partita di una stagione deludente. Garcia era solo nei pensieri di Sabatini, che l’ha portato a Roma dopo aver ascoltato altri allenatori, provocando nuovi malumori in una piazza che si sentiva scartata dal calcio che conta. Ma la scelta si sta rivelando azzeccata: i risultati sono arrivati, il gioco pure.
E De Rossi è «guarito». Daniele stavolta c’era sul pullman che a Fiumicino è stato circondato dai colori giallorossi: poche bandiere, tante sciarpe e fumogeni. Ma soprattutto un coro che è arrivato all’orecchio di un Garcia sempre più felice, ma allo stesso tempo preoccupato dall’entusiasmo incontenibile dei romanisti: «Forza grande Roma, vinceremo il tricolor!». Non c’è niente da fare, lo si può anche ripetere fino allo sfinimento che è troppo presto per parlare di scudetto, che «non abbiamo vinto niente», ma la testa dei tifosi già sogna in grande, forse proprio per «colpa» dei due anni bui precedenti. Uno sfogo di gioia, ecco cos’è stato.
Ad assistere alla festa giallorossa c’erano solo nove giocatori, tra cui capitano e vicecapitano. Il più sorpreso era De Sanctis: per lui era la prima volta e non si aspettava che tutta quella gente sfidasse il temporale romano in piena notte. Taddei non se n’è quasi accorto, preso dalla stanchezza e da un film che ascoltava in cuffia. I dirigenti hanno volato con la squadra (Zanzi escluso), ma hanno poi preso le rispettive auto per rientrare a casa. La maggioranza dei giocatori è rimasta a Milano a festeggiare: Balzaretti ha trovato le figlie ad attenderlo, Dodò ha passato la serata con gli altri brasiliani, evitandosi un volo poco tranquillo per via del temporale (lui soffre l’aereo, ha preferito prendere il treno ieri), Jedvajè andato in Croazia per vedere la sua ex squadra, la Dinamo Zagabria. Si sono persi una città che ha riscoperto un vecchio amore, quello che va oltre la maglia.