Andreazzoli rilancia De Rossi: “Lui e Totti uomini guida”

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(REPUBBLICA.IT– M. Pinci) – Cinquantatre minuti per presentarsi. Il primo appuntamento mediatico di Aurelio Andreazzoli è un lunghissimo show che racconta molto di un allenatore diventato guida della Roma a sorpresa, ma non per caso: “È la memoria storica degli ultimi cicli tecnici della squadra – ricorda il dg Baldini – siamo fiduciosi possa rappresentare una scelta non temporanea“. E neanche il neo tecnico percepisce l’incarico come un impegno a termine: “Ragiono come se dovessi restare tre anni e penso di portare lo scudetto che cerca questa proprietà“. Portandosi dietro almeno una certezza: “Mi è stata affidata una cosa grande“.

Un passo alla volta però. Perché già da domenica contro la Sampdoria ci sarà da ricostruire le macerie soprattutto emotive lasciate dalla gestione Zeman. Andreazzoli, assistito dal suo staff anche durante la conferenza di presentazione, lo sa e non si nasconde: “La squadra – spiega – deve rigenerarsi principalmente dal punto di vista dell’ambizione, bisogna ricreare l’humus che porti la voglia di vincere, sentimenti che ci hanno fatto decollare anni fa e che venuti meno ci hanno fatto cadere. Bisogna soffrire per la sconfitta“. Un obiettivo a cui arrivare seguendo però un sentiero diametralmente opposto a quello del predecessore: “Voglio sfruttare le caratteristiche migliori dei miei calciatori, lo schema non conta, se io scelgo bene gli uomini le cose in campo vanno a posto da sole. Io ho fatto il secondo in panchina per 10 anni dopo essere stato il primo per 20, e i moduli li conosco tutti“.
Dal dogma all’interpretazione, con tanti saluti al vangelo secondo Zeman. E dalla rigorosa applicazione delle idee calcistiche, il neo allenatore riposta l’attenzione sui singoli. A partire dai giocatori più rappresentativi: “Io ho due icone e sono Totti e De Rossi. E loro, per il loro ruolo, sono quelli che più di altri devono rispettare le regole e alzare le chiappe. Ma io non voglio demolirli, semmai voglio innalzarli, perché innalzando loro anche gli altri si eleveranno. Privilegi, però, non ne darò mai a nessuno“. Mister normalità, in fondo, punta su regolamenti asciutti ma comprensibili: “La prima è il buon senso. Non voglio venti regole che non posso far rispettare, ma voglio poter controllare situazioni insindacabili. Come i ritardi: Regole semplici, non si transige per nessuno“. Anche perché: “Ho la fortuna di lavorare con ragazzi bravi, e non permetterò a nessuno di infastidire la squadra: chi lo farà avrà trovato in me un nemico certo“.

Chiarissimo. I singoli prima dello schema, il gruppo prima del dogma, il rispetto prima di tutto. Inevitabile il paragone con il recentissimo passato possa stagliare il contrasto di Aurelio Andreazzoli rispetto alla gestione precedente. Lui, però, l’etichetta di anti-Zeman la rifiuta seccamente: “Non sono anti-Zeman, lui ci ha lasciato una eredità enorme. Le doppie sedute tolte? Non certo per arruffianarmi i giocatori. Anche Spalletti non le faceva eppure era un sergente“. Motivazioni altissime per l’allenatore: “Io questo mestiere lo farei anche alla metà dello stipendio, era il mio sogno allenare la Roma“.
E in attesa di sciogliere i dubbi tattici (“Non voglio dare vantaggi a Delio Rossi“) sull’organizzazione della difesa, a quattro o a tre, punta le figure certe del suo undici: “Daniele De Rossi giocherà tutte le gare da qui alla fine, a patto di meritarselo. E lo stesso vale per Stekelenburg“. Si parte a Marassi. C’è in ballo il presente della Roma, ma anche il futuro.

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