Giannini: “Il mio grande rimpianto quella finale col Toro. Ebbi l’opportunità di lavorare nella Roma, ma fui troppo impulsivo. Attenzione al Feyenoord”

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NOTIZIE AS ROMA – L’ex capitano giallorosso Giuseppe Giannini ha parlato oggi a Il Messaggero della crescita della Roma nel corso della stagione e del lavoro svolto da Mourinho. Queste le sue parole al quotidiano romano:

Le sue finali da giocatore della Roma, invece, non sono state fortunate.
Nel ’91, in Coppa Uefa, abbiamo perso contro una squadra, l’Inter, che aveva tre campioni del mondo, ma ce la siamo “incartata” noi all’andata; con il Torino, in Coppa Italia, nel ’93, è una grande vittoria che non è servita, con tre gol miei inutili.

Quale rigiocherebbe?
Quella col Toro. Ripeto: non si fanno tre reti senza portare nulla a casa. È un mio grande rimpianto che mi porto dietro.

Pellegrini, il capitano, ha giocato tre semifinali europee, gente come lei, come Totti, non c’è riuscita.
Ecco, appunto. Lorenzo è capitato al posto giusto al momento giusto. Io sono arrivato alla Roma e gente come Falcao se ne stava andando, poi sono andato via io e sono tornati altri campioni. È così, ma sono fiero di quello che ho vissuto indossando quella maglia.

In passato c’era stata la possibilità di entrare nella Roma?
Sì, ma me le giocai male. Il presidente Sensi mi mandò a parlare con Baldini. Era il periodo in cui io collaboravo con Vincenzo Morabito, che in società non era apprezzato. Mi venne rinfacciato e io, invece di pensarci su, per orgoglio ho mollato e ci ho rinunciato. Se tornassi indietro reagirei in maniera diversa, sono stato troppo impulsivo.

Le piace la Roma?
Tantissimo. È diventata una squadra vera, che può vincere un trofeo. Lo meriterebbe.

È così scarsa la Conference?
No. Intanto, è la prima edizione e comunque ha un valore. E poi, la partita dell’Olimpico contro il Leicester è stata uno spot incredibile. Il mondo ha visto e vedrete, questo trofeo, pian piano assumerà un valore diverso.

Mourinho è l’artefice di tutto?
Ha dato un bel contributo. È un uomo schietto, diretto, a Roma piace uno così. Un trascinatore, si è calato nel popolo, ha saputo prenderlo. Così come ha fatto con la squadra, rischiando: l’ha maltratta cercando la reazione e alla fine ce l’ha avuta.

Qual è stato il punto di svolta?
Il derby. A Roma quella partita ha un significato particolare. Se la vinci, e in quel modo, cambi direzione. I giocatori prendono fiducia, l’ambiente si carica. È sempre stato così, non è mai una partita normale.

Come si gestiscono le forze per la finale? A Firenze è giusto preservare qualcuno?
Abraham e Pellegrini dovrebbero riposare, ma è complicato, sono due leader. Magari tieni fuori Zalewski e Zaniolo. Ci sono calciatori come Veretout e Kumbulla che possono dare garanzie. Anche Oliveira.

Poi c’è uno Smalling in versione Aldair.
Secondo me deve prendersi più responsabilità, non tanto da un punto di vista tecnico ma come leadership, come guida. Lui deve tenere alta la squadra, che a volta si abbassa troppo e soffre. Deve parlare di più, comandare. Sarebbe perfetto.

Che squadra è il Feyenoord?
Una formazione senza fenomeni, ma gli olandesi sono all’avanguardia. Tatticamente intelligenti, con tradizione. Sono una scuola di tutto rispetto. La Roma è favorita, ma deve stare molto attenta.

Mkhitaryan a tutti i costi?
Se sarà al cinquanta per cento lo porterei in panchina. Ma non rischierei di farlo giocare se non è in condizione.

Fonte: Il Messaggero

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17 Commenti

  1. Quella finale con il tornio sarebbe bastato un gol in più tra la grandinata di tiri, fu un arrembaggio con Mihajlovic che sparava bordate da metà campo sempre nello specchio della porta

    Indimenticabile.

    • Mihajlovic é l’esempio della fretta nel giudicare i giocatori. Tutti lo criticavano perché venne in Italia con la fama centrocampista che segnava, alla Roma finì per fare altri ruoli e tutti lo criticavano. Alla fine fu considerato un “pacco” faglie “esperti”. Dino a che alla Samp, dove arrivò per due spicci, gli trovarono il ruolo. Quella Roma non mancava di talento, ma non era assemblata bene e al solito si cercavano i “colpevoli” e per fretta si tentò una rivoluzione che non portò a nulla. Le squadre forti si costruiscono come poi si fece dopo, qualche punto fermo e poi si completa man mano… Ma senza deprezzare il resto.

    • Quella finale col Torino fu giocata senza portiere all’andata (giocò tal Fimiani) per un’assurda squalifica di Cervone a partita terminata contro il Milan che avrebbe dovuto vincere il grande Slam, pompata da tutte le tv. Ovviamente anche gli arbitri erano irretiti dal potere berlusconiano dell’epoca e Cervone ne fece le spese. Si pensò anche di riarruolare Tancredi che nel frattempo aveva smesso…

  2. E’ stato un insulto per tutti noi che eravamo a Torino tornare a casa con un 3-0 sul groppone da rimontare… In una finale secca a Roma post 2000 li avremmo distrutti, anche se quello era il Toro più forte dell’era Mondonico…. Ma quel Mihajlovic non lo dimenticherò mai, troppo forti le sue punizioni, anche se dopo ha tradito chi gli ha dato il primo pane da professionista…

    • Mihajlovic alla Roma non si sapeva in che ruolo dovesse giocare, era utilizzato molto spesso a sinistra tutta fascia ma non era veloce e in fase difensiva lasciava molto a desiderare. Fu cacciato per due soldi e trattato come un pacco da sbolognare velocemente. Eriksson alla sampdoria lo inventò centrale difensivo e in quel ruolo purtroppo esplose e vinse altrove

    • Cmq giocammo la finale di ritorno con il terzo portiere, un ragazzino della primavera che nn aveva mai giocato prima, Fimiani.

  3. Nessuno lo ricorda ma io sì,che nel corso di quelle 2 finali di Coppa Italia contro il Torino ,la Roma giocò in porta con Fimiani,3° portiere della sua rosa, perchè Cervone e Zinetti erano stati espulsi e squalificati per insulti all’arbitro dopo un rigore dato al Milan in semifinale a S.Siro (ovviamente inventato).
    In quelle 2 partite,Fimiani purtroppo fu disastroso per la sua inesperienza,soprattutto a Torino.Se la Roma avesse potuto schierare non dico Cervone ma lo stesso Zinetti,avrebbe vinto in carrozza quel trofeo. Diciamo che fu un’altra perla della sua storia che mai ha goduto di un pizzico di fortuna.

    • Se non ricordo male furono espulsi dopo la fien della partita, proprio nel tunnel che porta agli spogliatoi, con l’arbitro che se li guardò e gli disse “consideratevi espulsi”: fu una delle tante carognate, una vera pugnalata alle spalle, forse perchè eravamo riusciti a eliminare il Milan di Berlusconi.

    • Ricordo benissimo…purtroppo ci costò la coppa…ero bambino ma ricordo perfettamente l’espressione del Principe quando il suo tiro colpì l’esterno del palo…un misto di rabbia, disperazione e delusione su quel volto.

    • Oltre a Fimiani ricordo un imbarazzante Silvano Benedetti in marcatura su Silenzi, che se non erro tra andata e ritorno fece 3 gol. All’Olimpico c’ero, ho ancora impressa la coreografia della sud con lo striscione: Certi di farcela annientiamoli, insieme si può.

    • Me lo ricordo eccome… Si pensò pure di richiamare in squadra il grande Tancredi che all’epoca aveva 40 anni e stava lavorando come preparatore dei portieri. Quella Roma sfioró l’impresa 5 a 2 con tripletta del capitano ma non bastó a rimediare lo 0-3 dell’andata. Siamo sempre stati belli e sfigati. Ora con Mou vediamo di diventare brutti e fortunati 😉

  4. La finale di ritorno del 1993 fu notoriamente sbilanciata per il torino che grazie a due sviste arbitrali perse solo 5-2. Pensare che silenzi abbia vinto e GIANNINI perso e’ ripugnante.

  5. Collaborava con Morabito?
    Lo credo che la Roma non l’ha più voluto vedere, se la faceva con un lazzico che ha spalato sempre m. sulla Roma.

  6. A pallone ci sapeva giocare il Principe ma se era principe lui aveva un Re….il padre amico di Morabito che cercavano talenti per la Juve a Roma. Inutile che dica che sbaglio lui, fu Sensi ha non volerlo, si vero un carattere egocentrico e duro che male si addiceva dopo la storia di Moggi caro Beppe le cose vanno dette quelle vere.

  7. Per vincere la Conference bisogna lottare come leoni dal primo all’ultimo minuto- Pian piano stiamo tornando ad una Roma che si avvicina a quella di Bruno Conti, Di Bartolomei, Pruzzo ed altri simili, grandi giocatori-
    Il pubblico è già quello di allora-

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