La gara del 19 e il senso di precarietà della Capitale

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CORRIERE DELLA SERA (L. VALDISERRI) – In Italia ci sono problemi ben più gravi della sede e della data di una partita di calcio, ma la salute di un Paese si misura anche da quello che è sicuramente superfluo ma che investe i sentimenti di molte persone. Esempio: il calcio. Parliamo di Roma-Napoli del 19 ottobre e dei due tormentoni che stanno per arrivare. Il primo, di chi ha il pallone nel cuore: «Se si gioca a Napoli e non all’Olimpico oppure se si sposta la partita a dicembre, si falsa il campionato». Il secondo, di chi non ce l’ha:«Chi se ne importa di Roma-Napoli».

Lontani da ogni esagerazione e senza mettere minimamente in discussione il diritto di manifestare la propria idea in termini civili, non si possono evitare due considerazioni: 1) se una manifestazione è ad altissimo rischio, chi e perché la autorizza?; 2) se Roma non è in grado di gestire contemporaneamente una manifestazione e una partita di calcio, come può pensare di candidarsi a ospitare l’Olimpiade? In attesa di risposte, ha già vinto il senso di timore e di precarietà. Parafrasando Chiambretti: comunque vada, sarà un insuccesso.

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